Vendetta, tradimento, il dramma di una intera famiglia, il dolore, la fame: sono gli elementi, tragici, della storia di Ugolino della Gherardesca, politico toscano nato e morto a Pisa, ghibellino di fede ma sostenitore dei guelfi, le cui vicende si intersecano inevitabilmente con Ruggieri degli Ubaldini, arcivescovo di Pisa e capofazione ghibellino. Ugolino, a seguito degli attriti con l'Arcivescovo, fu rinchiuso in una torre a Pisa con figli e nipoti. E lì morì per inedia nel marzo del 1289. I fatti: Ugolino decise per l'uccisione di un nipote dell'arcivescovo, Ruggieri a metà 1288 mise sotto scasso il Conte che fu catturato con i figli e i nipoti e fu rinchiuso nella Torre della Muda. Ruggieri nel 1289 ordinò di gettare la chiave della prigione nell'Arno e di lasciare i cinque prigionieri morire di fame.
Questa, in estrema sintesi, la sua storia. Ma fu Dante, qualche decennio dopo a narrarne le vicende nel canto XXXIII dell'Inferno della Divina Commedia. E a farne leggenda. Soprattutto per quanto riguarda la tragica morte. Ugolino, nel secondo girone del nono cerchio dell'Inferno, dove vengono puniti i traditori della patria, immerso nelle acque gelate di Cocito, appare come un dannato vendicatore, che divora brutalmente la testa dell'arcivescovo Ruggieri. "Poscia, più che il dolor, poté il digiuno": attorno a questa frase, si lega la storia di Conte Ugolino: cannibale nei confronti dei corpi ormai morti dei figli o morto per fame dopo mille sofferenze?
Dilemma che nemmeno Hell in the Cave prova a chiarire. Conte Ugolino e Arcivescovo Ruggieri sono piazzati infatti nella parte centrale dello spettacolo. E un telo di ghiaccio li avvolge, nascondendo in parte le loro azioni e il loro pensieri.