1961. C´è un bambino che piange e arretra di fronte all´ingresso dell´inferno. In quella cavità popolata di mostri e morti, di anime e di demoni, lui non entrerà mai. C´è un brav´uomo che lo tranquillizza, lo porta con sé fuori, alla luce del sole, gli compra il gelato e resta con lui, mentre gli altri scendono allegramente nelle viscere della terra. Questo è il mio primo ricordo delle Grotte di Castellana. In seguito, nel corso degli anni, le ho visitate tante volte, ho accompagnato amici e conoscenti di tutte le parti del mondo, francesi, inglesi, giapponesi e così via. Ricordo con piacere l´espressione estasiata della signora Wang, che da Pechino veniva in Puglia per organizzare le Olimpiadi, di fronte alla bellezza dell´ambiente sotterraneo. Perché sono belle, le grotte. Ma tutte le volte mi rimandavano una risonanza, una eco lontana. Di quella prima impressione spaventosa e onirica. Hell in the cave nasce anche da questo approccio emotivo, viscerale.
Enrico Romita
Poi c´è la parte razionale, ponderata, culturale. Le Grotte di Castellana rappresentano un patrimonio, un sito di interesse ambientale da valorizzare, da riportare all´interesse di turisti e visitatori. Puntare su altri elementi che attraggano i flussi nazionali ed internazionali. Perché non prendere a modello alcune realtà turistiche come quelle francesi, per esempio? Ho studiato la Vandea, una zona affine per caratteristiche storiche, morfologiche, abitative. Un parco in quella zona ha creato lavoro e sviluppo sostenibile per un migliaio di famiglie; centocinquanta artisti si formano e si esibiscono in diversi spettacoli, in un periodo di circa cento giorni ogni anno; un sistema economico che attira nei suoi ristoranti e alberghi 1.300.000 visitatori con un fatturato globale legato alle attività dell´intrattenimento di circa 75 milioni di euro.
Nella nostra zona abbiamo molto di più di quello che c'era in Vandea. Il progetto è questo: smuovere l'offerta turistica e valorizzare un meraviglioso sito naturale. Niente muretti a secco, o meglio salviamoli e utilizziamoli come forma di comunicazione e non di separazione.
Enrico Romita